Gli addii eccellenti in casa Rai continuano a far discutere: un ex illustre della tv di stato va all’attacco di uno storico conduttore
Gli avvicendamenti nel mondo della televisione sono normali, al pari di quanto succede in qualsiasi ambito lavorativo. Certo, trattandosi di personaggi famosi e più o meno apprezzati dal pubblico è inevitabile che possa sorgere una sorta di “dibattito”, usanza in verità ormai inevitabile nell’era dei social.
Del resto l’obiettivo della televisione, anche prima dell’introduzione dell’Auditel, è sempre stato quello di fidelizzare il pubblico non solo con i programmi trasmessi, ma soprattutto con i rispettivi presentatori, chiamati non a caso, ieri come oggi, a sviluppare un tipo di conduzione “familiare” in modo da far nascere quel filo diretto ideale per garantire successo e lunga vita a qualsiasi format.
È altresì vero che qualora tale obiettivo venga centrato l’altra faccia della medaglia presenti quello che è a tutti gli effetti un rischio anche per lo stesso broadcaster, ovvero l’identificazione di un programma con il proprio conduttore, scenario che può mettere in discussione il futuro della trasmissione qualora si verificasse un cambiamento di “timoniere”.
Tutto questo è fatalmente amplificato in Rai, dove quelli che in altre emittenti sono quasi sempre normali avvicendamenti finiscono per ammantarsi di polemiche e veleni vari dal momento che in Viale Mazzini le rivoluzioni in fatto di conduttori e direttori coincidono quasi sempre con gli avvicendamenti al Governo. Il 2023 non ha fatto eccezione, portando con sé una lunga scia di polemiche destinate ad animarsi in vista della prossima stagione televisiva.
A partire dal prossimo settembre, infatti, un anno dopo le elezioni politiche dello scorso autunno, in Rai si assisterà a significativi cambiamenti che riguarderanno le tre emittenti principali, ma non solo. Tra trasmissioni tagliate e conduttori storici ai saluti, le accuse incrociate sono iniziate già mesi fa, in particolare per l’addio all’emittente di stato di due figure storiche come Lucia Annunziata e Fabio Fazio, a proposito dei quali si è esposto un ex volto storico della Rai come Enrico Mentana.
L’attuale direttore del Tg La7, intervenuto al Festival della tv di Dogliani, ha confermato la propria indole schietta, rispondendo senza giri di parole alla domanda circa la propria posizione sul commiato alla Rai di Annunziata e Fazio: “Chi lascia la Rai farebbe bene a evitare di voler passare da ‘martire’ perché non esiste alcun diritto inalienabile a dover essere sempre in onda. Nessuno di noi è insostituibile“. Poi, nello specifico dei casi Fazio e Annunziata: “A differenza di Fazio Annunziata non ha un’altra tv in cui andare – ha aggiunto Mentana – Se ne è andata dignitosamente dicendo che non accetta questo governo, ma non puoi dire così se lavori nel servizio pubblico“.
Parole molto chiare quelle pronunciate dal giornalista romano, nonché particolarmente significative dal momento che Mentana ha vissuto momenti delicati tanto durante la propria esperienza in Rai che durante la militanza a Mediaset. Quest’ultima, durata 13 anni, si concluse nel 2004 con il suo sollevamento dalla direzione del Tg5, mentre in Rai è celebre il suo rifiuto all’invito di Bettino Craxi di partecipare a uno spot elettorale per il Partito Socialista nel lontano 1987.
Mentana si è espresso anche in riferimento alla presenza della politica all’interno della Rai, di fatto una costante fin dagli anni ’50 e in particolare dall’introduzione della lottizzazione nel 1975: “Se accetti di lavorare in Rai sai che ci sono i partiti – ha argomentato Mentana – Ogni volta ci sarà qualcuno che tenta di mettere i suoi uomini o le sue donne ma non c’è mai lesione della democrazia: c’è lo spoil system. Basterebbe una riforma di una riga, quella per sottrarre la Rai al controllo dei partiti…”.